CLIO, (c)~ ZiZiFù ~

« Older   Newer »
  Share  
~ ZiZiFù ~
view post Posted on 30/7/2009, 17:42




Elena Giovannelli

CLIO

Giugno 2009-



I











Frastornato Syd aprì gli occhi. A metà tra il sonno ed il risveglio, riuscì solo a percepire una sconosciuta presenza che gli gravava sul petto, addormentata. Con gli occhi semichiusi, un po’ perché appena sveglio un po’ perché ancora sotto l’effetto della sbornia della sera prima, riuscì solo a distinguere una massa informe di capelli biondi ricci, sparpagliati sul suo torace ed una mano che gli cingeva il fianco. Si stropicciò gli occhi per aprirli completamente e dopo un lento sbadiglio ed una stiracchiata di braccia, rimosse dal proprio petto il viso della donna e si liberò velocemente del suo braccio deposto su di lui, per dirigersi verso il bagno. Con i piedi nudi a contatto con la superficie fredda delle mattonelle azzurrognole, Syd si scrutò attentamente nello specchio. Poi volse lo sguardo alla figura nuda della ragazza, semi coperta dal lenzuolo bianco e sorrise: non ricordava neanche come si chiamasse. E adesso che ci pensava bene non ricordava neanche dove l’avesse incontrata. Ma che importava. Volse di nuovo lo sguardo verso lo specchio, ma osservato in esso un sinistro riflesso esclamò: «Merda!» Il calendarietto deforme attaccato alla parete opposta allo specchio e l’orologio a muro che lo affiancava gli avevano ricordato data ed orario, che corrispondevano ai venti minuti che precedevano l’inizio della sua lezione. Perché, beh, nonostante il suo comportamento non sembrasse ed effettivamente non fosse inerente al suo impiego, Syd Taylor era professore di letteratura e poesia epica al liceo. Tra le quattro mura delle aule scolastiche si era guadagnato un ottimo stipendio ed una buona reputazione. Molto stravagante, per certi versi quasi disinteressato nella vita, Syd appariva invece serio e quantomai preciso nel suo lavoro. Non che non vi mettesse la sua personalità: in dieci anni di insegnamento non c’era stata studentessa che non si fosse perdutamente innamorata di lui e del suo modo di fare, o che avesse potuto resistere al suo azzurro e penetrante sguardo. Alcune di queste avevano persino avuto la fortuna di essere accolte nel suo letto, oltre che nel suo ufficio, dove la serietà di Syd raggiungeva il suo apice. Aveva passato quei dieci anni alla Phineas Banning High School di Los Angeles, ed aveva avuto modo di procurarsi una media di sei o sette studentesse al mese che fossero abbastanza carine da essere accolte sotto le sue lenzuola. E quel giorno avrebbe conosciuto un nuovo terzo anno, e ciò stava a significare all’incirca un’altra dozzina di ragazzine ingenue da catturare con l’azzuro magnetico dei suoi occhi.

Le lancette continuavano inevitabilmente a scorrere mentre Syd eseguiva uno dei suoi migliori record di tempo nel pettinarsi, vestirsi e lavarsi, operazioni che ebbero inizio e termine in meno di cinque minuti. Un grugnito provenne da poco lontano e fu solo grazie a questo che balenò nella sua mente il ricordo della altra presenza nell’appartamento, di cui si liberò in modo piuttosto sbrigativo, ma efficace.
«Smamma, tesoro» disse alla giovane strattonandola e trascinandola ancora nuda e ricoperta solo dal materiale sottile del lenzuolo verso l’uscita. Syd raccolse da terra tutto ciò con cui la bionda era arrivata e si assicurò che lo indossasse, prima che questa potesse farlo da sola, ancora scombussolata dalla sveglia improvvisa. Mentre la donna iniziava a riprendere un minimo di coscienza e di percezione dello spazio, Syd corse verso il comodino, si portò all’orecchio il telefono, spinse un bottone azzurro ed aspettò.
«Segreteria dell’hotel, desidera?» disse una voce quasi elettronica dall’altro capo del filo.
«Sì, chiamo dalla stanza 317, qui c’è una signorina che ha bisogno di un thè e di un taxi. L’hotel può provvedere?»
«Ma certo, signore, manderò qualcuno da lei tra pochi minuti» Attaccata la cornetta Syd si diresse verso il portone su cui notò inciso il numero “319”. Improvvisamente si bloccò.
«Merda, merda, merda!» esclamò fuori di sé, lanciando uno sguardo al minaccioso scivolare delle lancette sul suo orologio da polso dorato. Spinse di nuovo il tasto azzurro, corresse l’informazione e si precipitò alla porta, deciso ad aprirla definitivamente. Ma una mano gli afferrò la caviglia arrestandolo.
«Aspetta, Syd...» biascicava la bionda ricciuta, non ancora completamente rinvenuta. Senza esitare Syd si liberò dalla debole stretta ed uscì, senza curarsi della donna, che continuava a farfugliare il suo nome. Appena fuori si scontrò con un uomo in uniforme con un vassoio in mano, il quale, nell’urto precipitò a terra producendo un forte “crash”. Syd sospirò.
«Mi scusi, signore, mi scusi» balbettò il giovane cameriere facendo per raccogliere il tutto.
«Lasci stare il thè, si assicuri solo che se ne vada. E in fretta» detto ciò fuggì per le scale, che preferì all’ascensore costantemente occupato, e raggiunse finalmente la sua vettura.

Le otto. Il suono insistente della campana raggiunse i timpani di Syd frastornandolo più di quanto già non fosse. Aperto lo sportello e data una veloce occhiata alla posizione dell’auto, si allontanò, diretto verso l’entrata principale dell’edificio, ma solo dopo essersi un’ultima volta specchiato nella lucente vetrina del ristorante Hell Dinners, che ogni mattina gli assicurava una presentazione perfetta. Il portone a doppia anta in legno, le cui grosse vetrate ricoperte dal manto pesante di una tenda rosso scura brilavano alla luce del sole alto nel cielo, si spalancarono quasi automaticamente quando Syd vi si presentò davanti salutando con un gesto della mano il portiere Raymond, che aveva preceduto il suo saluto con un ampio sorriso. Preso dall’ansia dell’orario, Syd non fece caso a tutti gli sguardi sdolcinati e i cenni amorevoli delle studentesse che si accingevano ad accedere alle proprie aule e neanche alle solite cortesie che derivavano dall’amore che la segretaria occhialuta e nettamente sovrappeso Carolyne insisteva a mostrargli, sempre speranzosa di essere finalmente ricambiata.
«Buongiorno, signor Taylor!» esclamò mostrando i denti bianchissimi in mezzo alle labbra rosso fuoco. Le sue palpebre erano azzurre, cosparse dalla polverina turchese brillantinata dell’ombretto, che nel rapido ticchettare si alternavano al verde dei suoi grandi occhi. Follemente e apertamente dichiarata innamorata di Syd Taylor, Carolyne Banks era riuscita ad aggiudicarsi dopo sei anni l’onore di diventare sua segretaria ufficiale ed ormai da quattro la sua corpulenta figura aveva il compito di sedere e di andare dovunque il suo amato superiore desiderasse sedere o andare, almeno entro le mura scolastiche. Ogni mattina all’arrivo di Syd, la segretaria si affrettava a posizionarsi alla sua scrivania di fianco a quella di lui nell’ufficio (che teoricamente costituiva proprietà del solo insegnante, ma che Carolyne considerava ormai il principio della loro vita coniugale), vi poneva il suo caffè macchiato e quello nero, purissimo e completamente privo di zucchero (secondo le volontà di colui a cui era destinato) del suo capo ed attendeva il suo arrivo osservando il proprio volto riflesso nel piccolo specchietto che pendeva sulla parete di fronte. Questo nelle mattine in cui il signor Taylor (come preferiva essere da lei chiamato) si presentava a lavoro in orario. Ovvero un paio la settimana. Quando egli si precipitava in ufficio ansimando e spostando velocemente lo sguardo attorno a sé, senza mostrare in alcun modo di essersi accorto della presenza della devota compagna di lavoro, l’unica frase che Carolyne poteva pronunciare prima che lui si riprecipitasse nello stesso stato confusionale fuori dalla stanza dove era appena entrato, erano “buongiorno, signor Taylor”, non una sillaba di più. E quella, quella del primo giorno dell’anno scolastico, era, ed era sempre stata, una di quelle giornate. Così, pronunciate le sì e no dieci sillabe del saluto (peraltro non ricambiato), la povera Carolyne dovette malinconicamente accontentarsi di osservare il suo fisico perfetto e da lei, ma non solo da lei, tanto agognato, fiondarsi lungo il corridoio e gettarsi sul banco del custode e poiché sicura di essere già al corrente di ciò che Syd avrebbe detto, sorrise tra sé, lanciandogli un ultimo sguardo prima di chiudersi la porta alle spalle e sedersi con un sospiro davanti al PC.

Come Carolyne Banks aveva ragionevolmente previsto, nessun’altra richiesta se non la seguente avrebbe potuto uscire dalle sue labbra:
«Dove devo andare e come ci si arriva» disse ansimando ed appoggiando le palme sul tavolo, la faccia spossata dalla fretta a pochi centimetri da quella sconvolta del bidello in camice blu e targhetta.
«Siamo in ritardo già il primo giorno, eh, bello...» disse questo, ormai abituato ai costanti ritardi dell’amico, aprendo il registrone verde e portandoselo davanti agli occhi.
«Non infierire, merda, è da un’ora che corro, guarda che razza di ore sono» rispose Syd, dando uno sguardo veloce all’orologio per poi volgerlo oltre la copertina smeraldo del grosso volume, dove Henry era impegnato a scrutare.
«Capisco...» Henry alzò gli occhi su Syd per qualche istante e poi li affondò di nuovo nel grosso registro, «un’altra nottata... intensa». Syd sospirò, mentre un sorrisetto si dipingeva sul volto dell’amico.
«Tu pensa a cercare, sono già in ritardo, quindi vedi di darti una mossa» concluse poi in tono cupo. Il suo interlocutore osservò per qualche altro secondo la pagina, poi la voltò e le sue sopracciglia si innalzarono tanto da portarsi a meno di un centimetro dall’attaccatura dei capelli grigiastri.
«Ecco qua!» esclamò «classe terza, sezione “E”... terzo piano. Prendi quella scala,» e pronunciando questo comando indicò col braccio una rampa di scale larghe un paio di metri e percorse su ambi i lati da corrimano in legno lucido e scuro, che si incurvavano a seguire la direzione dei gradini, «e continua fino a che troverai un corridoio. Nel corridoio continua avanti finché alla tua destra... o alla sinistra...? Insomma, o a destra o a sinistra trovi la tua classe,» ed intuendo quale sarebbe stata la domanda seguente, diede subito la risposta: «La riconoscerai perché in alto c’è una targa dorata con inciso “3E”». Tutte queste indicazioni erano uscite dalla bocca di Henry con un tono di superiorità e di rimprovero, che aveva rivoltato le parti dei due, realizzando una scena di stampo buffo e divertente per uno spettatore, ma che invece provocò una leggera irritazione dalla parte di Syd, il cui carattere rifiutava ogni forma di sottomissione, anche in casi insulsi come il suddetto. Così, lanciata un’occhiataccia a Henry, lo stravagante Syd raggiunse le scale, iniziando ora ad assumere quell’espressione seria ed apparentemente pensierosa che si addiceva alla figura di un insegnante del suo calibro. Ora non era più il quotidiano Syd, ma il rispettabile professor Taylor.

Salendo le scale, Syd teneva gli occhi bassi sui lacci neri dei suoi lucenti mocassini dello stesso colore e di tanto in tanto controllava che la camicia fosse abbottonata, la giacca non avesse pieghe ed i capelli fossero in ordine. Nella fretta della preparazione neanche aveva fatto caso a ciò che indossava, ma ormai l’abbigliamento lavorativo quasi si metteva da solo. Mocassini neri in vera pelle, completo di giacca e pantaloni entrambi neri delle migliori sete, gli ultimi stretti in vita da una cintura di medesimi tessuto e tinta e camicia in cotone egiziano rigorosamente bianca, con i primi due bottoni disgiunti, attillata e (cosa non ordinaria per Syd) correttamente infilata nei pantaloni. In cima alle scale poté constatare che le indicazioni del custode Henry erano corrette. Pochi metri e alla sua destra (o forse alla sinistra?) vide spalancata una porta in noce sulla cui cima spiccava la targa d’oro con un grande “3E” inciso nel prezioso metallo. Syd attese qualche momento e tese l’orecchio: voci tipicamente femminili. Un sorriso si intromise nel suo serio volto vanificando il suo tentativo di adottare un’espressione professionale. Cancellatolo in fretta fece il suo ingresso nella stanza, camminando a grandi passi, il mento alto e lo sguardo fisso davanti a sé.

Insomma... eccola qua =) Non è quella di cui vi avevo parlato, è una cosetta ambientata in tempi... come avete visto più recenti ^^ Beh, ditemi un po' :)
 
Top
o.O GìAGGìA O.o
view post Posted on 6/8/2009, 19:52




bene bene, quindi questa è la storia di un professore giovane e moderno se non ho capito male...interessante...c'è il seguito??
 
Top
~ ZiZiFù ~
view post Posted on 6/8/2009, 22:20




arriverà ^^ se no che schifo di fine xD
 
Top
o.O GìAGGìA O.o
view post Posted on 7/8/2009, 20:14




ahah no ele ti posso assicurare di aver visto finali peggiori!!! xD
 
Top
~ ZiZiFù ~
view post Posted on 8/8/2009, 09:54




hhahahahaha xD non ci posso credereeeeee XD
 
Top
~ ZiZiFù ~
view post Posted on 10/8/2009, 10:47




eccomi con il secondo capitolo ^_^ buona lettura ^_^

II











Il silenzio cadde imperioso nella stanza. Con la coda dell’occhio Syd osservò gli studenti: i ragazzi, all’incirca una decina, si erano precipitati alle proprie posizioni ed iniziavano a gettare disordinatamente i materiali da lavoro sui banchi, mentre le ragazze, come la loro natura femminile gradiva, prendevano posto l’una vicina all’altra lanciando di tanto in tanto qualche occhiata indagatrice alla nuova presenza. Syd lasciò cadere la quarantottore in pelle nera sulla cattedra, poi si voltò verso la lavagna e raccolto un gessetto bianco dal contenitore, tracciò alcune linee generando la scritta “Professor Taylor”. Vi aggiunse una pesante sottolineatura e poi si voltò verso la classe.
«Il mio nome è Syd Benjamin Taylor Jackson, ma tutto questo non avrà importanza per voi. Voi mi conoscere-te, mi chiamerete, mi insulterete, da oggi, col solo ap-pellativo di “Professor Taylor”» affermò in tono sicuro e deciso. Usufruì di questa situazione per squadrare da cima a fondo ogni membro del gentil sesso presente nell’aula e gli bastarono quei pochi secondi per identifi-care chi meritasse o non meritasse le sue attenzioni.
«Io sono il vostro nuovo insegnante di lettere,» continuò iniziando a passeggiare per la stanza e volteggiando tra le mani una stilografica ricoperta da una lucida lacca rossa, «quest’anno eseguiremo un’analisi più dettagliata ed approfondita dei poemi omerici e delle opere virgi-liane, parleremo in modo particolare dei valori trattati dal poeta mantovano nella sua principale composizione, la ormai a voi nota “Eneide” e, mentre durante gli anni passati avete gustato solo in parte la grandezza di questo patrimonio universale attraverso la lettura di alcuni suoi passi in lingua inglese, quest’anno avrete la possibilità di assaporarne il vero aroma attraverso una lettura completa in lingua originale.» Durante il discorso gli occhi degli alunni e delle alunne lo avevano seguito lentamente ad ogni suo passo e via via che elencava i contenuti del programma vedeva disegnarsi su ogni volto un’espressione sempre più cupa che divenne stupore misto a noia e crescente panico, quando le loro orecchie captarono l’ultima affermazione.
«E ora», disse Syd portandosi dietro la cattedra, «proce-diamo con l’appello» ed aprì il registro, ricoperto da un cartoncino verde, alla sua prima pagina. Un veloce sguardo verso la parte inferiore della pagina lo informò della presenza di ventidue alunni totali e da una secon-da breve analisi gli fu possibile identificare un numero di nove studenti di sesso maschile e dodici di sesso op-posto, informazione che non poté che rallegrarlo. E fi-nalmente iniziò col pronunciare il primo nome della li-sta al quale il secondo seguì dopo pochi istanti che era-no dedicati all’identificazione del proprietario del pre-cedente nome. La cosa andò avanti così fino a che non fu pronunciato l’ultimo nome.
«Cloe Torres» disse Syd prima di alzare lo sguardo alla ricerca della ragazza che aveva nominato. Ma la sua ri-cerca fu facilitata da una voce, proveniente dal fondo dell’aula.
«Clio» lo corresse la proprietaria della voce, portando in alto il braccio, la mano aperta a mostrare la palma, «Clio Torres» ripeté. Syd volse lo sguardo verso di lei. Il viso bronzeo della ragazza attorniato da una nuvola di riccio-li neri era solcato da due occhi grandi e scuri, le ciglia lunghe dello stesso colore dei capelli, la bocca carnosa rosea, socchiusa, l’espressione ironicamente seria e lo sguardo d’ebano fisso su quello di diamante del suo in-terlocutore. Syd abbassò gli occhi affondandoli tra le ri-ghe del registro e, notando il proprio errore, rivolse lo sguardo verso la giovane e disse: «Clio, chiedo scusa...» si fermò un momento e poi rivolse lo sguardo verso la moretta. «Clio, il nome della musa...»
«...figlia di Zeus e Mnemosine, musa della storia e della poesia epica spesso raffigurata nella statuaria con una pergamena nella mano sinistra ed una tromba nella ma-no destra.» Con queste parole l’affascinante ragazza ric-ciuta aveva senza ritegno interrotto quelle dell’insegnante e le aveva intelligentemente concluse, provocando in colui a cui erano rivolte uno stupore in contrasto con irritazione che questo non riuscì comple-tamente a nascondere. Un leggero sorriso fu accolto per un brevissimo istante sul volto di lei, che subito ritornò alla solennità e contemporanea umiltà che l’aveva preceduto. Mentre gli occhi sicuri di lei fissavano i suoi, che al contrario trasparivano mostrando i suoi discrepanti sentimenti, una seconda voce, stavolta maschile intervenne a rompere il silenzio.
«Mi scusi, professor Taylor,» disse un ragazzo moro in seconda fila che siedeva accanto ad una bionda dagli occhi verde acqua che già prima dell’appello aveva attirato l’attenzione di Syd, «lei sarà anche insegnante di storia?». Syd spostò lentamente lo sguardo da Clio, che ancora lo fissava con quel sorriso furbo e indisponente, ed osservò un momento il ragazzo di modo da poterne associare la fisionomia al nome.
«Signor... Corey Harris giusto?» chiese corrugando la fronte. Lo studente interpellato annuì alzando ed abbas-sando la testa un paio di volte.
«Ebbene, no,» sentenziò poi rivolgendo lo sguardo prima alla sua destra, poi dalla parte opposta, non riuscendo nel tentativo di non farlo cadere sulla ragazza dal nome di dea, «il vostro insegnante, anzi, la vostra insegnante di storia resterà come gli anni passati la professoressa Hinson, ma parte della sua materia sarà d’influenza anche sul nostro percorso didattico, nel quale ci occuperemo di opere composte nei medesimi periodi storici.» Nel pronunciare queste ultime parole la mente di Syd aveva cancellato il precedente episodio e il suo sguardo si era invece fissato sugli occhi lucenti di Jane Hawkins, la ragazza dai capelli chiari che sedeva accanto a Harris. Le guance della bella sedicenne si erano incendiate e gli zaffiri brillanti a cui potevano essere paragonati i suoi occhi si volsero verso il pavimento, ricoprendosi con le leggere palpebre cigliate. Ma tuttavia, quando gli occhi di Syd presero un’altra direzione, quelli dell’adolescente tornarono ad osservarlo e Syd poté constatare dando loro una breve occhiata che in essi vi fosse più che ammirazione, bensì una grande misura di interesse e di desiderio.
 
Top
5 replies since 30/7/2009, 17:42   168 views
  Share